Tattiche di digital marketing per valorizzare un brand

Alberto Nalin

Alberto Nalin

C’è chi adotta un approccio focalizzato sui dati e chi, invece, non ne tiene traccia in alcun modo. Ma c’è anche un’altra via: ecco alcune tattiche di digital marketing che potresti non aver preso in considerazione.

In generale, possiamo dire che è quasi impossibile che i dati emergenti da una singola attività di marketing digitale, analizzati in maniera isolata, riescano a fornire veri spunti per la crescita e l’ottimizzazione. 

Servirebbe piuttosto saper leggere tali dati e inserirli all’interno di un quadro più ampio, una strategia, guardando da un lato ai risultati e dall’altro all’efficienza e la sostenibilità di un’attività nel tempo.

In Larin Group amiamo le metriche, ma sappiamo che non tutto ciò che conta è misurabile. Di certo le metriche di marketing digitale da monitorare dovrebbero essere individuate a partire dagli obiettivi del business (strategia lo abbiamo già detto?), ma può essere una sfida trovare quelle più pertinenti.

Un esempio al volo

Un bell’esempio di ciò che stiamo dicendo è rappresentato dalle cosiddette Vanity Metrics: like, followers, reactions sui social network.

Puoi dire con certezza che un post che ha avuto particolare successo di pubblico rispetto ai precedenti abbia effettivamente contribuito a raggiungere un determinato obiettivo concreto? In un caso simile, in realtà, i dati emergenti da una serie di attività pianificate scientemente servono piuttosto a capire cosa ha funzionato: Tono di Voce? Linguaggio? Orario di pubblicazione? Tag? Argomento?

Da lì si può procedere in maniera sperimentale, testando se un nuovo approccio basato su quei dati porti effettivamente ad un miglioramento o meno. Utile, ma non proprio semplice: questo era un esempio “very basic”, lasciamelo dire. 

Ecco perché abbiamo scelto di parlare di alcune tattiche di marketing a partire dalle quali è possibile sviluppare importanti ragionamenti strategici. Mixiamo dati, tool e strategie in spunti relativi a:

  • Engagement
  • Brand awareness
  • Demand Generation 

Vediamo nel dettaglio. Connetti ‘sti puntini.

Tattiche per migliorare l’Engagement

Partiamo da qui, dato che l’abbiamo accennato. Il coinvolgimento del pubblico, l’Engagement, può essere monitorato con strumenti molto più avanzati delle solite dashboard, e che forniscono informazioni che ben collaborano con una serie di numeri in un grafico.

Alcuni metodi di monitoraggio dell’engagement prevedono di dare un contesto a quei numeri di coinvolgimento, classificandoli in base alla piattaforma, al tipo di interazione, al tipo di contenuto: ad esempio, un elevato engagement proveniente da un post su LinkedIn porta inevitabilmente a risultati diversi rispetto ad una bella foto su Instagram. È bene valutare i canali da cui proviene il traffico che sta generando ogni specifico contenuto e analizzare i dati con occhio critico.

E se dopo un po’ di tempo capisci che lo sforzo dedicato ad un determinato canale non porta a risultati concreti, non ti resta che fare qualche valutazione: l’idea di dover essere su tutti i social perché “è così che si fa” va sradicata dalle nostre menti.

Come in ogni area aziendale, se ad un dato sforzo (in termini di tempo e soldi) non corrisponde un ritorno superiore, per cosa stai lavorando? Se stare su Facebook ti costa tanto e non porta risultati – dopo un periodo di testing – che ci stai fare? 

I numeri relativi all’engagement non sono tutto, in fin dei conti. Concentriamoci su una tattica che prende in considerazione la qualità, non solo la quantità

  • Considera che esistono piattaforme di monitoraggio, come ad esempio Hotjar, che forniscono informazioni su come gli utenti interagiscono con i contenuti digitali. Interessantissime sono le mappe di calore, che ti indicano gli elementi rappresentati sullo schermo su cui gli utenti si soffermano di più. Guardano maggiormente il titolo o l’immagine della pagina? Vedono bene la tua call to action? Cosa attira l’attenzione appena atterrano sul tuo sito web? 

Questi spunti sono ottimi per capire cosa arresta un percorso d’acquisto, molto efficaci se messi in collaborazione con altri ragionamenti relativi alla Customer Experience

Se però ami profondamente scandagliare numeri su di un grafico, c’è anche un altro metodo per migliorare l’engagement del tuo pubblico.

  • Potresti monitorare i commenti ai post sui social media attraverso un software di analisi del testo, in grado di fornire una panoramica di parole e feelings delle persone. Far questo tipo di Sentiment Analysis trasformerà l’indagine da puramente quantitativa a qualitativa, quindi molto utile, anche se dà il meglio su numeri elevati di interazioni. 

Non ti sto dicendo che dovrai conoscere commento per commento, soprattutto se stiamo parlando di numeroni, ma tramite il tool giusto riuscirai a conoscere il linguaggio e le parole che usano gli utenti che interagiscono con i tuoi contenuti, e affinare il tuo messaggio per coinvolgerne altri. 

Fare Brand awareness (e monitorarla) come serve 

La brand awareness non riguarda solo i numeri (delle impression, del traffico), perché è fondamentale assicurarsi che si tratti di impressioni positive, in target. La consapevolezza del brand è una delle aree più difficili da ottimizzare, perché le analisi che dovresti svolgere per migliorarla si riferiscono ad informazioni di natura qualitativa.

Chiaramente i marketer utilizzano differenti contenuti per aumentare la brand awareness, ma il dubbio è sempre quello: come fai a sapere con certezza se la consapevolezza è aumentata?

Per migliorare la brand awareness non potrai che scandagliare la brand image, ciò che i tuoi clienti e potenziali tali pensano di te

  • Potresti dotarti di test per saggiare l’impatto del brand sfruttando quella che nel marketing viene definita Brand Lift: ok impression e tutto il resto, ma ‘sta brand awareness c’è o non c’è? Puoi indagarlo associando a contenuti che offri sondaggi qualitativi, per capire come e se è cambiata la percezione di un brand. Anche TikTok offre questa possibilità agli inserzionisti: è TikTok Brand Lift Study, uno dei tanti strumenti del social per migliorare l’impatto dei business sul pubblico.

  • Potresti mettere in moto un processo automatizzato di raccolta dei feedback per migliorare la tua Customer Satisfaction, per avere un’idea concreta sul grado di soddisfazione del cliente. Potrai fare in modo che in corrispondenza di determinate azioni (nel post vendita, ad esempio) venga inviato un questionario di customer satisfaction che chieda al tuo cliente com’è andata col suo ordine/progetto. Con un CRM (come Hubspot) potrai avere questi dati in fila e ben ordinati.

  • Potresti anche effettuare altri sondaggi, attraverso altri canali – da sottoporre quindi in un milione di formati diversi – che chiedano espressamente quanto spesso le persone parlino del tuo brand, quanto spesso ne sentono parlare da altri, cosa percepiscono dalla tua comunicazione, se hanno “colto” i tuoi valori. Qui si può giocare di fantasia, non serve essere timidi.

D’altro canto, se vuoi un consiglio più tecnico, ecco un’idea:

  • Monitora i dati del traffico diretto al tuo sito web: che significa? Il traffico diretto indica il volume di utenti che sono approdati sulla tua piattaforma web cercandoti espressamente attraverso il tuo URL (o cliccando un link aggiunto tra i preferiti sul proprio browser). Confrontando le tue attività di marketing (dal singolo post ad una campagna di lungo corso) con il volume di traffico diretto puoi, ad esempio, ragionare se “attività X” ha influito in qualche modo sulla tua awareness. Semplice, ma molto utile.

Demand generation: ottimizzala partendo “dalla fine”

La demand generation è la capacità di stimolare la consapevolezza e l’interesse nelle persone per il tuo prodotto o servizio, coltivarla e suscitare un bisogno che si risolverà in uno splendido acquisto

Nell’articolo che abbiamo dedicato al tema scriviamo che, in soldoni, questa strategia si basa sul “fornire le informazioni giuste alle persone giuste al momento giusto, in modo tale che tutto ciò che condividi sia perfettamente adatto alle esigenze del cliente e lo porti all’acquisto”. Per questo è necessario puntare i riflettori sul chiedersi: “In che modo i miei contenuti influiscono sugli introiti?”.

Non è solo stare fissi a guardare i saliscendi del traffico sul sito, e non basta nemmeno fissarsi su qualche altra metrica slegata dal contesto: sono informazioni che stanno “nel mezzo” e, da sole, dicono poco o nulla.

Invece, potrebbe essere una buona idea sfruttare i dati provenienti dalle conversioni, ad esempio, e studiarle con occhio critico. Potresti cercare di conoscere chi ha acquistato, e poi risalire la corrente ricostruendo il suo viaggio in contatto con la tua realtà

  • Come ti ha conosciuto? 
  • Come è entrato nel tuo database?
  • Come si è convinto ad acquistare?
  • Era convinto di acquistare subito o c’è qualcosa che lo ha convinto?
  • Quanti acquisti ha effettuato prima?
  • Con quali contenuti ha interagito? 

Inoltre, prova a fare un confronto tra le vendite a chi ha “assaggiato” i tuoi contenuti e chi no: sarà utile per studiare l’effetto dell’esposizione alla tua comunicazione sui tuoi clienti. Il numero di conversioni e le dimensioni della vendita ti indicano l’effetto che il contenuto ha… oppure quello che non ha. Se non lo ha, ci siamo noi.

È evidente che potresti chiedergli una marea di cose intervistando i clienti, certo, ma con un CRM molte di queste domande non dovrai nemmeno farle: avrai già le risposte, sotto forma di dati automaticamente inseriti in una dashboard, che potrai a quel punto studiare criticamente.

Per tornare alla base del discorso, non esiste un solo modo, né un modo giusto per eccellenza, capace di spingere il tuo brand. In un mondo complesso come quello di oggi, in cui il percorso d’acquisto è sempre più complicato, ampio, in cui “i clienti sono sempre meno fedeli” e complessi, non è solo il dato e non è solo il branding la risposta.

Servirebbe un bel mix, o almeno questo è ciò che vediamo funzionare.