Google SGE (Search Generative Experience) e SERP: cosa ci aspetta?

Giovanni Lucatello

Giovanni Lucatello

Google SGE Search Generative Experience futuro della SERP

Oramai si sente solo parlare di Intelligenza Artificiale, IA, AI, Artificial Intelligence in tutte le salse e ovunque o, come si dice a Venezia, “par tuti i cantoni”.

Google, nonostante le mosse poco chiare di questi mesi (rilasciato Bard, che poi è diventato Gemini, che poi ha fatto una fusione à la Dragon Ball [Akira Toriyama riposa in pace, ndr]), ha già avviato i lavori e lo studio sulla sua nuova esperienza di ricerca: la Search Generative Experience.

Attualmente presente soltanto negli USA, la SGE verrà presto rilasciata nel resto del mondo. Ma di cosa si tratta esattamente? Ha avuto (e avrà) qualche impatto sulla ricerca organica? E quale sarà, invece, il futuro della SERP se l’IA la farà da padrona?

Per scoprirlo, come sempre…

Connetti ‘sti puntini!

Che cos’è e come funziona Google SGE

La Search Generative Experience di Google (in italiano “Esperienza Generativa di Ricerca”) è una nuova feature del nostro motore di ricerca preferito (attualmente in fase sperimentale) che utilizza l’intelligenza artificiale generativa per fornire risultati di ricerca più completi e informativi

Per fare un esempio, quando si effettua una ricerca la SGE genera una risposta che include un riassunto dell’argomento, creato a partire dalle informazioni raccolte da più fonti, e include fatti pertinenti e/o collegamenti a risorse aggiuntive.

Un esempio ancora più pratico ci viene direttamente dal blog di Google e, nello specifico, dalla GIF (ma si legge “gif” o “ghif”, a proposito?) qui di seguito.

L’impatto di Google SGE per settore e funzionalità emergenti

Come evidenzia la GIF qui sopra, la SGE di Google è un po’ come quel bambino che alle elementari prendeva un bel voto, magari migliore del nostro, anche se aveva copiato da noi. I risultati della ricerca generativa, infatti, spostano letteralmente sia quelli organici che quelli a pagamento più in basso nella SERP; e le analisi effettuate da BrightEdge, realtà leader che fornisce soluzioni SEO e una piattaforma di content performance marketing, mostrano una situazione abbastanza preoccupante.
BrightEdge, infatti, ha svolto uno studio dedicato agli effetti di Google SGE sui risultati forniti in SERP analizzando ben di un miliardo di query in nove settori; e, partendo al contrario, il risultato della ricerca è decisamente evidente: la Search Generative Experience di Google sta avendo un forte (se non addirittura estremo) impatto sulle query di ricerca di numerosi settori.

Lo studio di BrightEdge, inoltre, mostra come la SGE sia capace di fornire tre tipi di risultato:

  • collapsed, che si verifica quando viene mostrata una risposta troncata generata dalla IA;
  • opt-in, ottenibile quando viene esplicitamente richiesta una risposta generata dall’intelligenza artificiale;
  • none, quando una query non attiva la SGE.

Di seguito, i risultati dell’impatto della Search Generative Experience per ogni settore.

Come è evidente, la nuova esperienza di ricerca di Google avrà un impatto non indifferente su diversi settori, con sanità, ecommerce e tecnologie B2B al primo posto.

Il rapporto di BrightEdge va inoltre ad analizzare alcune delle nuove funzionalità della SGE; nello specifico, sono stati individuati:

  • places: il tipo di modulo SGE più comune, sostanzialmente una copia del pacchetto locale e include anche citazioni importanti e recensioni degli utenti.
  • elenchi puntati (o non ordinati): i cosiddetti bullet points visto una sperimentazione accelerata dall’inizio dell’anno. Google, dal canto suo, aggiunge più contesto, sotto forma di immagini e descrizioni;
  • recensioni: gli snippet cliccabili tratti dalle recensioni complete vengono ora mostrati in tutti i settori;
  • vantaggi: tra questi vi potrebbero essere ad esempio la consegna gratuita o la disponibilità in magazzino. Come è evidente, i vantaggi riguardano principalmente i risultati relativi ai prodotti e-commerce.

Il futuro della SERP: prima l’IA di Google e meno entrate pubblicitarie

Da quello che abbiamo potuto vedere, SGE rappresenta un cambiamento epocale, che avrà un fortissimo impatto su tutte le aziende e sui loro profitti: si prevede infatti che, a fronte di un calo del traffico di ricerca compreso tra il 20% e il 60%, la Search Generative Experience di Google potrebbe comportare una perdita di entrate pubblicitarie per gli editori potenzialmente pari a 2 miliardi di dollari.

Tra le voci di allerta che si sono alzate recentemente spicca quella di Marc McCollum, vicepresidente esecutivo per l’innovazione di Raptive, società responsabile della vendita di annunci pubblicitari per titoli come Half Baked Harvest, MacRumors e Stereogum. Un loro recente studio, condotto confrontando le attuali SERP di Google con i nuovi risultati SGE per le prime 1.000 keyword che portano traffico ai loro siti web, ha infatti dimostrato come alcune parole chiave non rientravano nei risultati proposti dalla SGE, mentre altre risposte contenevano collegamenti a siti web gestiti da Raptive; la conclusione: calo del traffico di ricerca fino al 25% attraverso la sua rete di 5.000 editori.

I dati, dunque, parlano chiaro: dato che sarà l’intelligenza artificiale di Google a decidere cosa mostrare, i SEO specialist e gli esperti di digital marketing avranno sempre meno voce in capitolo sia sui contenuti da portare in SERP, sia (più in generale) sul percorso di acquisto del cliente; non solo sarà Google ad avere la parola finale sulla qualità e sulla pertinenza dei contenuti della nostra azienda e su ciò che riguarda il nostro marchio, ma gli utenti (per forza di cose) potrebbero dedicare sempre più tempo a ottenere informazioni direttamente dalla SERP prima di decidere di visitare un sito web.

Google e la lotta contro spam e contenuti IA

Nel corso degli anni, molti cosiddetti esperti di marketing hanno provato a “fregare” Google con diversi escamotage: dal keyword stuffing alla creazione di contenuti puramente SEO ma poco interessanti, fino al copia-incolla spudorato / tradotto male, gli esempi si sprecano.

Le cose, però, stanno già cambiando: oltre alla Search Generated Experience, infatti,

Google sta introducendo modifiche ai suoi sistemi di classificazione nella ricerca, progettati far emergere nei risultati i contenuti migliori e nascondere invece quelli “privi di anima” (ovvero appunto quei contenuti copia-incolla, generati con l’IA, tradotti senza neanche una revisione, e così via).

In relazione a questi ultimi è proprio Pandu Nayak, vicepresidente della ricerca presso Google, a presentare tre esempi di ciò che il motore di ricerca considera come “comportamenti spam” e che intende ridimensionare; nello specifico, Nayak parla di: 

  • contenuti su larga scala: si tratta dei contenuti pubblicati dai siti che creano migliaia di articoli di bassa qualità ogni giorno, magari appaltandoli a copywriter sottopagati o creandoli con tool di intelligenza artificiale;
  • abuso della reputazione del sito: avete presente quando, a fondo pagina di un sito, compaiono quelle anteprime clickbait, di dubbia provenienza e utilità, e vi domandate “ma perché pubblicano ‘sta roba?”. Ecco a voi un esempio di abuso della reputazione del sito: in altre parole, per racimolare un po’ di soldini, i grandi siti (solitamente di informazione) permettono l’inserimento di questi contenuti esterni.
  • abuso di dominio scaduto: si tratta di quei casi in cui qualcuno acquista un dominio abbandonato, ma di alto rango, e lo riempie di contenuti scadenti che poi saltano in cima risultati nella SERP ricerca.

Parte dei risultati di questa nuova politica sono già evidenti: lo stesso nayak, infatti, parla di una riduzione fino al 40% dei contenuti “inutili”; e siamo soltanto all’inizio…

Parole d’ordine: intento di ricerca e qualità dei contenuti

In realtà, la questione è molto semplice: Google penalizzerà sempre di più i contenuti creati con l’intelligenza artificiale, clickbait e privi di sostanza, dando invece risalto (anche tramite la SGE) a tutto ciò che può essere davvero utile per l’utente.

In questo panorama di costante cambiamento è necessario tenere sempre a mente l’intento di ricerca dei potenziali utenti: i contenuti dovranno non solo fornire loro informazioni utili e pertinenti, ma anche essere di qualità e evitare tutte quelle pratiche scorrette che, nelle intenzioni di Google, comporteranno una penalizzazione nel ranking.

Come Lariners, terremo costantemente gli occhi aperti sulla situazione, perciò: stay tuned.