Hoovergate: la campagna promozionale più fallimentare di sempre

Giovanni Lucatello

Giovanni Lucatello

hoovergate campagna promozionale fallimentare

Abbiamo già parlato di alcuni dei più grandi marketing fails della storia recente, tutti legati a scelte comunicative estremamente sbagliate (e in alcuni casi fuori luogo). Ma anche di come Edsel, brand di casa Ford, si sia praticamente distrutto da solo.

Completiamo quello che avevamo pensato come trittico con altro enorme, anzi titanico, fallimento.

Un fallimento che, giusto per creare un po’ di suspance, si potrebbe riassumere in tre parole: Hoover, promozione, voli aerei. (“Ma Fil, sono 4 parole” semi-citazione; se non la capite, molto male).

Anzi, ne basta una…

Hoovergate.

Pronto a connettere ‘sti puntini?

Tutto inizia da un’allergia…

Prima di cominciare, però, un po’ di storia sul nostro protagonista (sapete già che mi piace sapere tutto, storia pregressa compresa).

È il 1908 e il signor James Murray Spangler, addetto alle pulizie di un grande magazzino, soffre di un grave caso di allergia alla polvere. Accidenti, è proprio una sfortuna, dato il lavoro che fa. Ma James non si lascia abbattere e, stufo della situazione ma carico di spirito imprenditoriale, fa una cosa all’apparenza estremamente semplice: utilizzando un ventilatore, una spazzola rotante, una scatola e un cuscino e costruisce il primo prototipo di aspirapolvere domestico della storia.

Poco dopo, il sig. Spangler cede il brevetto al marito di sua cugina, William Hoover, che lancia The Hoover Company e inizia a vendere centinaia di migliaia di elettrodomestici, aspirapolvere in primis, sia negli Stati Uniti che in Europa.

Da quel momento, il marchio Hoover gode di un quasi monopolio sulle vendite di aspirapolvere; in Inghilterra le macchine di Hoover sono talmente onnipresenti che “hoover” diviene un nome generico (come è successo per le penne Bic, lo Scottecs o i Moonbooth) e sinonimo di “aspirapolvere“.

Questa parabola di successo, culminata in Inghilterra con l’ottenimento del Royal Warrant (un riconoscimento della famiglia reale inglese alle aziende fidate), subisce uno stop alla fine degli anni ’80. In quel periodo, infatti, una serie di congiunture astrali negative si abbattono sull’azienda americana: il Regno Unito entra in recessione, sul mercato entrano nuovi stupidi sexy concorrenti (Dyson is that you?) e, per tutta risposta, Hoover decide di lanciare sul mercato prodotti dalla dubbia utilità (o sfortunati, come direbbero loro).

Il risultato si fa presto (e non poco) sentire: tra il 1987 e il 1992, infatti, i profitti di Hoover sprofondano da 147 a 74 milioni di dollari. In più, l’invenduto inizia ad accumularsi nei magazzini e l’ampia quota di mercato dell’azienda, che nel tempo aveva raggiunto la soglia del 50% in Inghilterra, comincia a diminuire.

Di fronte a questa situazione drammatica, Hoover deve fare qualcosa di audace

Qualcosa di talmente forte da attirare l’attenzione di tutti.

Ma la soluzione che trovano si rivelerà completamente disastrosa.

Una promozione incredibile

L’inizio della fine comincia nei primi mesi del 1991.

In quel periodo, infatti, la filiale britannica di Hoover viene contattata dalla JSI Travel, una minuscola (oggi defunta) agenzia di viaggi. Come sta accadendo per Hoover e per molte altre aziende inglesi, JSI sente la stretta della recessione e cerca un modo per vendere tutti i voli economici a sua disposizione.

Da qui, l’idea innovativa lanciata all’azienda di aspirapolvere ed elettrodomestici: una promozione legata all’acquisto dei prodotti Hoover. Nello specifico, questa prevede che, a fronte dell’acquisto di prodotti dell’azienda americana con una spesa superiore a 100 £, l’acquirente riceva due biglietti di andata e ritorno gratuiti per una destinazione in Europa.

Sulla carta, sembra un vantaggio per tutti: Hoover riuscirebbe a svuotare i propri magazzini dagli articoli in eccesso e, in questo modo, aumenterebbe le vendite; JSI, dal canto suo, venderebbe una valanga di voli all’ingrosso a Hoover, che si sarebbe poi occupata in autonomia delle prenotazioni.

Hoover, non essendo stupida, sa che se tutti coloro che acquistano un prodotto usufruissero della promozione ci sarebbero stati seri problemi in termini di costi; per questo motivo, decide di rendere il processo per ottenere i voli gratuiti estremamente fastidioso, tedioso e dispendioso in termini di tempo. Qui di seguito (dato che mi piace farmi male e condividere con gli altri questo mio dolore) tutti i passaggi:

  1. il cliente acquista un prodotto Hoover spendendo più di 100 £, invia la ricevuta e la richiesta di partecipare al concorso, il tutto entro 14 giorni dall’acquisto;
  2. Hoover invia un modulo di registrazione e, una volta ricevuto, il cliente ha 14 giorni di tempo per compilarlo e restituirlo;
  3. Hoover invia un buono viaggio e il cliente ha 30 giorni per selezionare 3 combinazioni di aeroporto di partenza, data e destinazione;
  4. Hoover ha il diritto di rifiutare le scelte del cliente, che a quel punto cliente può selezionare 3 alternative;
  5. Hoover ha diritto di rifiutare anche queste alternative e di selezionare 3 combinazioni di sua scelta; se al cliente non vanno bene non potrà ricevere i biglietti.

I risultati positivi, in ogni caso, non tardano ad arrivare: alla fine del 1992 i prodotti Hoover vanno a ruba e le previsioni di vendita dell’azienda tornano in linea con le aspettative pre-crisi. 

Io: “Tutto bene Hoover, andiamo a casa contenti?”

Hoover: “Noooooo… Raddoppiamo!”

E autodistruggiamoci, aggiungerei.

Il disastro transatlantico (no, non il Titanic… o il Titan)

Parte 1 – La nuova promozione e la corsa all’Hoover

Il 1° novembre 1992 Hoover decide di ampliare la sua promozione, aggiungendo ai biglietti aerei gratuiti anche i voli di andata e ritorno per l’America. Nuova promozione, stesse regole, stessa soglia di partecipazione (100 £) … ma il guadagno per il cliente era enorme: il pacchetto di due voli andata e ritorno gratuiti per New York od Orlando, infatti, vale più di 600 £!

Per gestire questa promozione, Hoover convoca dei consulenti per la gestione del rischio. Questi, ovviamente, avvisano i vertici dell’azienda che quell’idea si sarebbe rivelata un disastro assoluto e che, per questo motivo, doveva essere abbandonata; Mark Kimber, uno di quei consulenti, afferma: “Per me non aveva alcun senso logico. Dopo aver esaminato i dettagli della promozione e aver tentato di calcolare come avrebbe effettivamente funzionato, mi sono persino rifiutato di offrire una copertura per la gestione del rischio”.

E cosa fa Hoover? In modo “molto italiano e molto poco europeo” (cit. da “Boris”, se non avete visto la serie fatelo) ignora totalmente i consigli dei consulenti; e, come se non bastasse, si basa su due presupposti che si sarebbero dimostrati fatali. Da una parte i vertici di Hoover ritengono che, data la serie di passaggi da fare per ottenere i biglietti gratuiti, soltanto una piccola parte degli acquirenti avrebbe deciso di provare a riscattare la promozione; dall’altra, l’azienda è convinta che gli acquirenti avrebbero comunque speso molto più del minimo di 100 £ previsto, compensando così il costo della promozione stessa.

Inizialmente, le cose sembrano andare come previsto: nei centri commerciali in tutto il Regno Unito si vivono scene à la Black Friday americano, con migliaia di persone che provano ad accaparrarsi i prodotti Hoover più economici disponibili. Tra questi (e, lo ricordiamo, nel bel mezzo della recessione) il più economico è l’aspirapolvere da 119,99 £, che va talmente a ruba da obbligare Hoover a fare gli straordinari per tenere il passo con la domanda.

Ma, come avrebbero presto scoperto di lì a pogo i clienti paganti, questo “affare” era soltanto una mera illusione.

E Hoover lo imparerà a proprie spese.

Parte 2: «Non vogliamo sangue. Vogliamo i biglietti»

Mentre il passaparola alimenta ulteriormente le voci e le adesioni alla fantastica offerta di Hoover, l’azienda inizia a capire di avere commesso un errore terrificante.

Ma va? I consulenti lo avevano pure fatto presente no?

Le vendite, infatti, superano in poco tempo le proiezioni di Hoover di ben 10 volte: circa 300.000 persone acquistano prodotti idonei, il che significa che potenzialmente Hoover dovrebbe pagare ben 600.000 voli. E, sempre contrariamente alle proiezioni, i clienti non spendono molto di più del minimo di 100 sterline; al contrario, come abbiamo visto, cercano di comprare il prodotto che costa meno.

A conti fatti, la situazione è estremamente preoccupante: sulla vendita di un aspirapolvere da 119,99 £, Hoover realizza un profitto di 30 £. I due voli che avrebbero dovuto regalare valgono almeno 600 £. La matematica non mente: ogni cliente che usufruisce della promozione costa a Hoover la bellezza di 570 £.

Certo, con quella promozione e tutte le vendite che ne conseguono, Hoover guadagna 30 milioni di sterline lordi, ma il costo dei voli è (con molta prudenza) stimato in oltre 100 milioni di sterline.

Hoover, dunque, cerca di fare tutto quello che può per eliminare più clienti possibili dalla corsa ai biglietti aerei. E lo fa nei modi peggiori possibili:

  • afferma che migliaia di clienti non hanno compilato correttamente i moduli;
  • offre voli in partenza da aeroporti a centinaia di chilometri dalle case dei clienti;
  • invia i moduli di richiesta alla vigilia di Natale, sperando che la chiusura degli uffici postali avrebbe ritardato la consegna e fatto perdere alle persone il termine di 14 giorni per rispedirli;
  • a chi era comunque riuscito a seguire le regole inizia a dire che le loro lettere erano sparite, oppure disse che non avevano rispettato le scadenze.

Anche in questo caso, la voce delle politiche scorrette di Hoover si diffonde in tutto il paese, e migliaia di clienti arrabbiati, e stufi di essere presi in giro, iniziano a passare ai fatti. Uno di loro, Harry Cichy, decide di formare l’Hoover Holiday Pressure Group, un collettivo che pretende che Hoover si assuma le sue responsabilità e dia loro quanto promesso (e giustamente dovuto): il gruppo, estremamente eterogeneo per età, provenienza e occupazione, accoglie in poco tempo più di 4.000 membri.

Ed è da una delle dichiarazioni di Cichy che deriva il titolo di questo paragrafo (ogni volta che succede, tipo quando nei film citano il titolo del film stesso, provo una certa euforia): “Non vogliamo sangue. Vogliamo i biglietti”.

Ma le azioni di protesta non finiscono qui. Nel giugno del 1993, ad esempio, il quarantaduenne Dave Dixon dà vita all’episodio più drammaticamente divertente: incazzato arrabbiato non solo per non avere ricevuto i suoi voli gratuiti, ma anche perché la lavatrice Hoover comprata da poco si è già rotta, decide di tenere in ostaggio un furgone dell’azienda parcheggiato nel suo vialetto; il furgone rimane lì fino a quando un’alta corte ordina il suo rilascio.

Giusto per curiosità, a questo link c’è l’articolo (digitalizzato) pubblicato all’epoca dall’Independent.

E le conseguenze di questo disastro annunciato non finiscono qui.

Parte 3: Annientamento

La crisi sta facendo notizia a livello internazionale e Hoover, per correre ai ripari, tenta di scaricare le proprie colpe su una manciata di dirigenti, sulle compagnie aeree e sulle agenzie di viaggio con cui l’azienda ha collaborato. Tra le figure di spicco licenziate ci sono il presidente della divisione britannica e due dirigenti senior del marketing coinvolti nella promozione; in più, la casa madre annuncia che avrebbe investito 20 milioni di sterline in un fondo per coprire parte dei voli gratuiti promessi.

Alla fine del 1993, Hoover registra perdite per 23,6 milioni di sterline: una delle più rinomate aziende produttrici di aspirapolvere è diventata la vergogna dell’Inghilterra. Oltre a queste perdite, la società madre di Hoover Europe deve sborsare 72 milioni di dollari in voli transatlantici a circa 220.000 clienti; anche qui, è bene notare, tra i 300 e i 350 mila clienti non ricevono il premio dovuto.

Hoover Europe ha subito un colpo economico e d’immagine talmente forte che la casa madre è costretta a venderla, nel 1995, al concorrente italiano Candy.

Fine.

Mantieni sempre le promesse

A tre decenni da quella serie di errori fatali (se non imbarazzanti), questo episodio della storia di Hoover viene citato nei libri di testo di marketing come l’esempio perfetto di ciò che può accadere quando un’azienda non mantiene una promessa ai clienti. Ma anche di ciò che può accadere quando si fanno promozioni pensando che si avverino i migliori scenari immaginari e quando non si ascoltano i consulenti che si era deciso di interpellare.