Remarketing e retargeting: come utilizzarli per le nostre campagne 

Giovanni Lucatello

Giovanni Lucatello

Remarketing e retargeting: come utilizzarli per le nostre campagne

Capita spesso, nel mondo del marketing, che ci sia un po’ di confusione sui termini utilizzati, sulle loro definizioni, sui contesti nei quali vengono usati…

E in questi casi, ovviamente, inizia a regnare un caos tale da non permettere nemmeno di applicare la teoria alla pratica nel migliore dei modi.

Un esempio è proprio quello del retargeting e del remarketing. Tra definizioni contrastanti, utilizzo dei due termini come sinonimi e indicazioni sempre diverse sui contesti nei quali si parla dell’uno o dell’altro, oggi abbiamo un’occasione imperdibile per fare il punto sulla situazione e dare un’interpretazione ben studiata e in puro stile Larin.

Ready?

Connetti ‘sti puntini!

Cos’è il remarketing?

Per semplificare la spiegazione, partiamo subito con un esempio. Immagina di aver visitato il sito web di una fantastica azienda che vende scarpe super cool; hai sfogliato le pagine, hai messo un paio di scarpe nel carrello, hai compilato tutti i campi delle informazioni di contatto ma per qualche ragione hai deciso di non completare l’acquisto. Ora, che succede?

È qui che entra in gioco il remarketing.

Il remarketing è quel venditore di scarpe (simile a quelli con la maglia a righe di quel famoso negozio fisico) che ti manda dei messaggi anche dopo che sei uscito dal suo negozio. Con remarketing, infatti, si intendono tutte quelle comunicazioni inviate via email agli indirizzi degli utenti precedentemente raccolti

Questo tipo di comunicazioni può essere a sua volta diviso in due tipologie: si parla di email promozionali quando queste riguardano il prodotto precedentemente visualizzati oppure altri consigli d’acquisto della serie “ti potrebbe piacere anche”, mentre le email transazionali sono quelle legate al customer journey; l’email di carrello abbandonato è un esempio di comunicazione transazionale: potrebbe consistere in uno o più invii che ci avvisano che l’articolo ci sta aspettando, che presto non sarà più disponibile oppure che possiamo usufruire di uno sconto immediato se concludiamo la transazione.

Per riassumere in modo super fast & furious, il remarketing è una tecnica basata sull’invio di campagne di email marketing allo scopo di intercettare e/o recuperare tutti gli utenti dei quali si conosce già l’indirizzo di posta elettronica.

Cos’è il retargeting

Hai presente quando trovi l’action figure perfetta per la tua collezione, ma vedi il prezzo e decidi che per ora può farne a meno? No, dirai, non sono un nerd.

Hai ragione. Generalizziamo l’esempio e arriviamo al punto.

Ti capita mai che quando vedi un articolo che ti piace, sfogli la pagina dedicata per 1 minuto, e poi navigando nel magico universo dell’internet trovi un banner con una pubblicità che mostra quello stesso prodotto? Oppure una inserzione su Instagram che ti invita ad acquistarlo?

In tutti questi (e altri casi), sei di fronte a esempi di retargeting. Basato su sistemi di tracciamento degli utenti (come i famosissimi cookie, i più recenti pixel o le spesso sconosciute stringhe di codice presenti nei siti web), il retargeting è una strategia pubblicitaria che permette di mostrare agli utenti annunci estremamente rilevanti in quanto basati sulle azioni da loro precedentemente compiute.

I cookie e i loro cugini meno famosi, pur non avendo alcun impatto sulla navigazione, vengono infatti utilizzati dagli inserzionisti per registrare una serie di dati (dalle visite alle azioni compiute sul sito web, dal tempo trascorso ai click, fino alla nostra posizione) che saranno poi utilizzati per impostare campagne di annunci mirati: lo scopo finale è ovviamente quello di convincerli a effettuare l’acquisto. È come se dicessero: “Ehi, ti abbiamo visto dare un’occhiata a quell’articolo, non lo vuoi più? Dai, dai, te le facciamo vedere ancora, vieni a dargli un’altra occhiata!”

Prima di passare al prossimo paragrafo, facciamo però un’ulteriore precisazione: esistono due tipi di retargeting.

Da una parte, troviamo il retargeting statico. Si tratta di una strategia di advertising che consente di mirare a un pubblico specifico e di lavorare su diverse fasi del processo di vendita (noto in ottica SEO anche come funnel di vendita); questa tecnica prevede la creazione di un gruppo fisso di annunci che vengono visualizzati dai consumatori in base alle pagine da loro visitate all’interno del sito.

Dall’altra, il retargeting dinamico utilizza tecnologie sofisticate per determinare il momento ideale nel quale mostrare a ciascun utente annunci totalmente personalizzati sulla base proprio comportamento, massimizzando così le probabilità di conversione.

Qual è la differenza tra retarketing e retargeting?

In molti risponderebbero: non ce ne sono. E nessuno tra Google, marketers, libri di testo e altri articoli avrebbe da ridire su questa affermazione.

In realtà, benché spesso retargeting e remarketing vengano utilizzati come sinonimi, già nei paragrafi precedenti abbiamo visto come la differenza sia sostanziale. Mentre il remarketing si pone l’obiettivo di intercettare utenti dei quali si conosce già l’indirizzo email per inviare campagne di email marketing (transazionali o pubblicitarie che siano), il retargeting sfrutta le potenzialità dei tanti sistemi di tracciamento per raccogliere informazioni che verranno poi utilizzate per mostrare a ciascun utente le inserzioni più pertinenti.

Come fare remarketing e retargeting online

Ora che abbiamo ben chiaro in cosa consistono queste due strategie e cosa le differenzia, possiamo passare alla parte più pratica.

In un mondo dinamico come quello online, il customer journey degli utenti si trasforma in un processo tutt’altro che lineare; per questo motivo, il retargeting e il remarketing devono basarsi su quanti più touchpoint (punti di contatto) possibili, proponendo campagne multi-touch che possano convincere ogni potenziale cliente a passare all’azione.

Tenendo conto di questi veri e propri obiettivi, nei paragrafi che seguono andremo ad analizzare come impostare delle strategie di remarketing, nel caso delle email, e retargeting, con riferimento a Google e alla coppia Facebook-Instagram.

Come fare remarketing con le email

Nell’ultimo report sulle statistiche di email marketing pubblicato da Hubspot, il ROI dell’email marketing vede un ritornare ben 36$ per ogni 1$ investito: un dato sbalorditivo, che dimostra l’efficacia di questa forma di comunicazione.

La strategia più efficace, tuttavia, rimane quella legata al recupero dei carrelli abbandonati. I motivi sono diversi:

  • Il tasso medio di abbandono del carrello a livello globale è del 70%;
  • La perdita annuale dovuta all’abbandono dei carrelli è stimata intorno ai 18 miliardi di dollari;
  • Il tasso medio di recupero dei carrelli abbandonati è compreso tra il 3% e il 5%.

Visti questi numeri, e dato che nel caso di abbandono del carrello al momento del check-out conosciamo l’indirizzo email del cliente (un dato che, assieme al numero di telefono, è forse tra i più importanti esistenti), il remarketing tramite email diventa la strategia perfetta per portare gli utenti a concludere l’acquisto.

La strategia da porre in essere si concretizza (che paroloni) in una serie di automazioni che, dal momento dell’abbandono del carrello, propongono a più riprese all’utente di completare l’acquisto. Per massimizzare l’efficacia strategia, inoltre, è necessario tenere conto di tre fattori:

  1. Il ruolo del messaggio: in questi casi è necessario fare leva sul principio di urgenza e scarsità. Oltre a fare presente al destinatario che l’articolo nel suo carrello non sarà più disponibile se non si muove a terminare l’acquisto (diciamoglielo in termini più dolci, ovviamente… oppure no?), in determinate situazioni potrebbe tornare utile offrire sconti una tantum o a tempo limitato.
  2. Le tempistiche e numero di invii: non esistono regole precise. Generalmente si consiglia di aspettare almeno 24 ore per il primo reminder, per un massimo di 3 o 4 invii in totale. Tuttavia, tempi e quantità dipendono molto dal settore di riferimento, dal target raggiunto, dal periodo dell’anno e da tante altre variabili; per questo motivo è sempre utile condurre dei test che permettano di capire qual è la combinazione migliore per le email inviate dalla propria azienda.
  3. Upselling e cross-selling: le mail transazionali di carrello abbandonato possono diventare un’importante occasione per incentivare i potenziali clienti ad aggiungere altri articoli al carrello. Grazie alle informazioni in nostro possesso e alle possibilità di personalizzazione dei messaggi offerte da ogni piattaforma di email marketing, l’upselling e il cross-selling non solo sono possibili, ma diventano anche un’occasione imperdibile per aumentare il valore dell’ordine.

E ora…

Switch da remarketing a retargeting!

Come fare retarketing su Google

Prima di tutto, sappi che Google (nelle sue guide) parla sempre e solo di remarketing. Noi per dispetto (e per i motivi citati in precedenza) useremo il termine retargeting.

Con Google, le opportunità in questo senso sono molteplici; nello specifico, le campagne di retargeting possono essere:

  • Standard: in questo caso si andranno a intercettare utenti che in precedenza hanno già visitato il nostro sito o utilizzato la nostra app. In questo caso, gli annunci saranno uguali per tutti, e non personalizzati sulla base dei gusti e delle preferenze di ogni singolo utente.
  • Dinamico: questo tipo di retarketing consente di coinvolgere maggiormente l’utente grazie alla personalizzazione dell’annuncio: questo, infatti, mostrerà un prodotto specifico precedentemente visualizzato dal potenziale cliente e verso quale, teoricamente, prova maggiore interesse.
  • Per app e mobile: queste campagne di retargeting sono impostate in modo tale da mostrare gli annunci relativi alla propria azienda alle persone che hanno visualizzato la nostra app oppure hanno visualizzato il sito da dispositivi mobili.
  • Elenchi di Customer Match: si tratta di campagne verticali rivolte a elenchi di utenti che hanno fornito i propri dati personali volontariamente.
  • RLSA: la Remarketing List of Search Ads (nome molto difficile che in italiano significa, in modo altrettanto difficile, “Elenchi di Remarketing per gli Annunci della Rete di Ricerca”), consente di fare apparire i propri annunci mentre si naviga su Google e sui siti partner della Rete di Ricerca Google.
  • Video YouTube: il retarketing intercetta in questo caso la parte di pubblico che in passato ha interagito con i video e/o con il canale YouTube dell’azienda.
  • Display: le campagne di questo tipo vengono mostrate all’interno dei siti che fanno pare della rete AdSense di Google.

Come fare retarketing su Facebook e Instagram

Fare retargeting in questi due social network significa mostrare inserzioni agli utenti che hanno già visitato il vostro sito web o interagito con i vostri account aziendali.

Questo è reso innanzitutto possibile dall’integrazione del pixel di Meta: il pixel, infatti, è una porzione di codice che, applicata nel sito web aziendale, consente di misurare l’efficacia delle inserzioni, dando la possibilità di capire quali azioni vengono eseguite dagli utenti sul sito stesso.

I meccanismi alla base del funzionamento del pixel sono relativamente semplici. Quando un utente visita il sito web dell’azienda e compie una determinata azione, il pixel di Meta si attiva e la registra; in questo modo è possibile raccogliere dati che torneranno utili nella campagna di retargeting che si andrà a creare.

Una volta installato il pixel, raccolti i dati, definito il pubblico di riferimento e realizzate le creatività da utilizzare, Meta consentirà di creare le proprie campagne di retarketing: ciascun utente, in questo modo, vedrà annunci altamente mirati. In più, da ricordare il fatto che è stata recentemente introdotta la possibilità di fare retargeting sui follower di Instagram: questo offre un nuovo, importante modo per raggiungere il proprio pubblico di riferimento.

Infine, un appunto riguardo al il formato dell’annuncio. Nel caso di Meta, quello che si è si è dimostrato il più efficacie per aumentare le vendite è stato il carosello: il suo Conversion Rate (Tasso di Conversione), infatti, è in media del 20% superiore a quello ottenibile da un’immagine singola e del 25% superiore rispetto a quello dei video adv (fonte: Lebesgue).

Remarketing e retargeting: cosa ricordare

Prima di concludere il nostro viaggio in questa parte dell’enorme landa che è l’adversiting online, ecco alcune cose da ricordare, indipendentemente dal tipo di annuncio, di canale o di campagna scelta:

  1. Aggiornare il prospetting: puntare sul segmento di pubblico sbagliato potrebbe risultare in un fallimento titanico della vostra campagna, vanificando ogni sforzo fatto per riconquistare i clienti e spingerli all’acquisto. Per questo motivo è fondamentale aggiornare e verificare la propria strategia di prospetting (cioè lo studio dei prospect, ovvero dei potenziali clienti): in questo modo sarà sempre possibile segmentare correttamente il proprio pubblico di riferimento a seconda dell’effettiva propensione all’azione dimostrata.
  2. Ottimizzare pagine del sito e landing page: una volta cliccato sull’annuncio, l’utente viene indirizzato alla pagina dove potrà visualizzare la relativa offerta. Che siano già presenti oppure create ad hoc, è fondamentale che queste pagine di atterraggio siano aggiornate, usable e veloci; caricamenti lenti, informazioni poco rilevanti e passaggi superflui potrebbe infatti allontanare l’utente (anziché spingerlo all’acquisto), vanificando così l’efficacia della campagna di retargeting.
  3. Analizzare le metriche: tutte le piattaforme di remarketing e di remarketing forniscono una vista su un gran numero di metriche in tempo reale. Queste, una volta analizzate, permettono di capire come sta andando la campagna, ciò che sta funzionando ed eventualmente ciò che potrebbe essere migliorato; nello specifico, alcune delle metriche sulle quali è fondamentale prestare attenzione per determinare il ROI (Return on Investments, tradotto in italiano con Ritorno sugli Investimenti) globale sono il costo per clic, il costo per acquisizione e il costo per conversione.
  4. Definire l’orizzonte temporale della campagna: per evitare che le persone persone si sentano quasi “stalkerate” dalle nostre campagne di remarketing e retargeting, è fondamentale definire la durata di ciascun tipo di campagna; in questo modo sarà possibile concentrare i propri sforzi verso utenti che hanno interagito più di recente e che, molto probabilmente, sono ancora interessati al nostro brand.

E adesso che si fa?

Nei paragrafi precedenti abbiamo approfondito il tema del remarketing e del retargeting, praticamente da ogni punto di vista. Queste strategie, se implementate correttamente, possono dare un contributo fondamentale alle vendite.

Pensi di avere le carte in regola per sfruttare le potenzialità di remarketing e retargeting, in modo da aumentare le vendite della tua azienda? Perfetto!

Ma, se hai bisogno di un secondo parere, noi ci siamo!