Il report “Marketing e Vendite 2023: quali sono le priorità di marketing per le aziende B2B?” è incentrato sul capire quali sono le sfide e le percezioni delle aziende di oggi, quelle con cui interloquiamo tutti i giorni, calate nel contesto attuale.
È interessante analizzare dati e grafici, certamente, ma il momento di scaricare a terra lo è ancora di più. Un dato, se non correttamente interrogato, non può diventare un’informazione.
Il report sulle priorità di Marketing 2023 per le aziende B2B serve proprio a questo: a fornirti una panoramica completa dei principali cantieri che dovresti avviare nel 2023 con il tuo marketing.
Realizzato dal team di Larin Group in più di 6 mesi di monitoraggio, è pronto per essere analizzato attraverso chiavi di lettura che possano veramente disegnare uno scenario a cui prepararsi e a cui tendere con degli actionable.
Connettiamo ‘sti puntini, daje.
Il contesto: come individuare le priorità di marketing
Negli ultimi 2 trimestri del 2022 ci siamo divertiti ad intervistare decine di aziende venete, chiedendo a tutte, in breve, “qual è la più importante sfida di marketing che stai affrontando?”, coinvolgendo chi si trova ogni giorno con le mani in pasta: AD, Marketing Manager, Sales Manager, CMO.
Volevamo capire per davvero le esigenze e le sfide di un tessuto industriale provato dal contesto globale, ma che allo stesso tempo è sempre stato pronto e ricettivo a nuove opportunità.
Abbiamo trovato tante conferme e isolato dei punti cardine, dei pilastri, da tenere presente oggi per pensare al domani.
Scarichiamo a terra: i 4 Pilastri di marketing per il 2023
Brand, brand e ancora brand
Trasformiamo il dato in informazioni utili. Il podio delle priorità di marketing delle aziende interrogate è occupato da:
- Comunicazione e formazione interna, employer branding
- Rafforzare il brand
- Fidelizzazione dei clienti
Noti niente? Di fatto, queste 3 priorità di marketing sono parte della stessa famiglia, dello stesso gruppo: non possiamo che vedere come questi elementi siano specifiche di un termine molto più esteso e complesso. Sono tutte parte di 1 solo punto, un primo pilastro: il Brand.
Ed ecco quindi che questa riflessione sul più grande pilastro, la centralità del Brand, ci aiuta a riflettere sull’importanza di essere autentici e credibili quando ci si rivolge al mercato. In fondo stiamo parlando del modo più efficace per creare una cultura aziendale definita, delineata, differente.
La Differenziazione, che dovrebbe svilupparsi da ogni ragionamento sul Brand, permette di isolare un insieme di valori che, se condivisi col proprio organico e se ben comunicati col proprio marketing, trasformano i dipendenti da un lato e i clienti dall’altro in ambassador della tua azienda, oltre che fidelizzarli.
Il lavoro che un’azienda B2B o B2C sviluppa sulla propria marca e, come la chiamano “quelli fighi”, sulla propria purpose, facendo Branding fatto bene, comprende quindi tutte le altre priorità prime in classifica, che sono in qualche modo un di cui. La Fidelizzazione dei clienti o la Fidelizzazione interna sono sotto-aree che, con un’identità di marca solida e strutturata, non possono che venire rafforzate e implementate.
Omnicanalità ed Esperienza cliente
5 – Social media, campagne digital, SEO
In particolare nel B2B, e già realtà nel B2C, è centrale il tema dell’omnicanalità, cioè di avere a disposizione nel proprio repertorio strategico un ecosistema di canali mirati nel quale far emergere il proprio Brand e i propri valori. E, attenzione, non è una prospettiva dettata dalla logica della “pesca a strascico”, cioè ragionando che se il mio brand è ovunque allora avrò più possibilità di intercettare i clienti. Tutt’altro.
Il nucleo della questione è altrove: i consumatori si sono fatti sempre più attenti, sensibili (come vedremo nell’ultimo punto) e possiedono un maggior numero di strumenti per decodificare messaggi e intenzioni di chi intende vendergli qualcosa. Rispetto al 2016, i canali di marketing interrogati dall’utente medio sono raddoppiati (fonte: McKinsey & Company), ed è una tendenza da tenere monitorata in quanto è del tutto evidente che sia un fenomeno in crescita esponenziale.
Quest’informazione non è da interpretare però in maniera errata, perché non stiamo sostenendo che sia necessario esserci sempre e ovunque. Dovremmo piuttosto focalizzarci sul conoscere chi abbiamo davanti, con chi parliamo, chi è il pubblico di riferimento e, una volta individuato, ragionare strategicamente sul costruire un’esperienza cliente cucita addosso al decision maker.
Per riassumere, il secondo pilastro da tener presente è questo: essere omnichannel, ma dove serve, fornendo un’esperienza cliente coerente in tutti i touchpoint e senza paragoni. I potenziali clienti vanno conosciuti e studiati per capire come si muovono nel prendere una decisione e attraverso quali canali; dopodiché prendere quei canali e “metterli in fila” così da prevedere una Customer Journey, il “viaggio” del cliente, indimenticabile. Un lavoro continuativo, sistematico, fatto un passo alla volta, ma veramente troppo importante.
La centralità del CRM
4 – Ottimizzazione area sales, automazione processi e CRM
9 – Gestione dei dati (ROI/KPI)
Un pilastro che è conseguenza diretta del precedente: non si può fare tutto da soli per gestire, controllare, monitorare tutti i canali e i processi che verranno individuati in fase di pianificazione. L’organizzazione dei touchpoint online e offline dovrebbe comprendere l’implementazione di un’architettura tecnologica capace di raccogliere dati ed efficientarli.
Come dicevamo prima, infatti, c’è una differenza sostanziale tra dato e informazione: il primo, essendo materia “grezza” e non ancora ragionata, non ha valore se non viene letto con un’ottica mirata e in un contesto definito. Il dato a sé stante è “aria fritta”, oltre che inutile. Un insieme di dati costruisce informazioni solo se letto da un certo punto di vista, in altre parole, solo se viene guardato nella prospettiva di raggiungere un obiettivo. In questo modo quindi si ottiene l’informazione.
Il terzo pilastro non può che coinvolgere di conseguenza tutti quegli strumenti che da un lato raccolgono e dall’altro organizzano il dato, predisponendolo ad una facile interpretazione svolta da responsabili delle vendite e del marketing. È il CRM, non un semplice gestionale di fatturazione, ma molto di più.
Il CRM, all’interno di una strategia, permette infatti di strutturare un’azienda:
- Mettendo il cliente al centro
- Personalizzando il proprio marketing
- Fornendo un unico spazio in cui tutte le informazioni sono aperte e consultabili in ogni momento da ciascun collaboratore
- Ottimizzando processi macchinosi, rimuovendo alla radice attività inutili e che non portano valore aggiunto.
Questo terzo pilastro parla fondamentalmente di come si dovrebbe puntare per ottimizzare il marketing e il management grazie alla tecnologia giusta. È facile riorganizzare un’infrastruttura in questo senso? Affatto, ma è una priorità da stabilire e una necessità da soddisfare, perché lo richiede il contesto attuale e sempre più quello futuro.
Sostenibilità e valori della persona
7 – Sostenibilità / Inclusione
Il 2022 è stato l’anno caratterizzato della parola “sostenibilità”: tutti hanno cominciato a “pensare” all’ambiente e ai cambiamenti climatici, ma, sembra, in alcuni casi praticamente da un momento all’altro. E questo fatto ci permette di fare qualche considerazione interessante che costituisce interamente il nostro quarto e ultimo pilastro.
Prima di tutto: questa cosa dovrebbe sorprenderci? Non più di tanto, era un “trend annunciato” nel mondo del marketing già dal 2021, ed è per questo che alcune grandi aziende si sono trovate prontissime all’ondata di ecologia che ha travolto web, tv e qualsiasi altro canale possibile e immaginabile.
Per altre, comprese alcune di quelle intervistate, ciò si è trasformato in una necessità diciamo quasi improvvisa, segnando una deadline difficile da rispettare. Come hai visto nel nostro report, infatti, il tema “sostenibilità” rientra fra le priorità di marketing delle imprese (anche se in maniera limitata), ma c’è comunque da fare moltissima attenzione.
Non dovremmo cadere nel trabocchetto di questa buzzword e scadere nel banalissimo – e criticatissimo – greenwashing: insomma, se dipingo di verde il mio logo e faccio un paio di post social sulla crisi climatica non significa affatto che io stia tenendo in considerazione il potenziale di questo trend. Sto semplicemente facendo qualcosa soltanto perchè “tutti ne parlano”, sto raccontando bugie facendo passare la mia azienda per qualcosa che non è.
Qual è il rischio di seguire questa linea? Uno, grande, anzi gigantesco: perdere la propria credibilità di fronte al pubblico di riferimento, di fronte ai propri potenziali clienti, soprattutto coloro i quali appartengono alle generazioni più giovani. Generazione Z e, in parte, Generazione Y, sono tra l’altro le categorie di consumatori più “appassionate” ai temi quali cambiamenti climatici, valori della persona e inclusività.
Questa sensibilità si accompagna inoltre ad un’altra caratteristica direttamente proporzionale: l’attenzione. Potrai intortare qualche cliente più vecchiotto con il greenwashing da quattro soldi, ma è una battaglia già persa se proverai a farlo con i giovani o i giovanissimi. Hanno – e conoscono alla perfezione – tutti gli strumenti tecnologici e logici per decodificare una realtà complessa come quella in cui viviamo: fregarli è impossibile, per quanto sia errato pensare anche semplicemente di farlo.
Per concludere, bisogna tenere in considerazione questo: che i temi della sostenibilità e dell’inclusione NON stanno esaurendo la propria spinta vitale e ci accompagneranno, probabilmente, per molto altro tempo.
Ecco quindi che il “rischio greenwashing” e la rilevanza presente e futura di questi argomenti sono un’ulteriore conferma di quanto sia importante essere autentici e coerenti coi propri valori, con la propria mission, col proprio brand.
Perché è di questo che stiamo parlando: fare branding “fatto bene”, con messaggi mirati e in linea con la propria filosofia aziendale.
Il futuro inizia anche da qui.